(Corte di cassazione ordinanza del 1° marzo 2019, n. 6150)
Il diritto del lavoratore di scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere sussiste non solo nel momento iniziale di instaurazione del rapporto, ma anche in ipotesi di domanda di trasferimento.
È quanto stabilito dalla Corte di cassazione con ordinanza del 1° marzo 2019, n. 6150, che traccia in modo ampio i confini di applicabilità dell’art. 33, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (come modificato, da ultimo, dalla legge n. 183/2010), il quale prevede che il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste il coniuge o un parente con handicap in situazione di gravità “ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede”.
La Corte costituzionale, ricordano i giudici di legittimità, ha più volte stabilito che “l’assistenza del disabile e, in particolare, il soddisfacimento dell’esigenza di socializzazione, in tutte le sue modalità esplicative, costituiscono fondamentali fattori di sviluppo della personalità e idonei strumenti di tutela della salute del portatore di handicap, intesa nella sua accezione più ampia di salute psico-fisica” (Corte Cost. n. 213 del 2016). Di conseguenza il diritto alla salute psicofisica, comprensivo della assistenza e della socializzazione, va garantito e tutelato al soggetto con handicap in situazione di gravità, sia come singolo che in quanto facente parte di una formazione sociale per la quale, ai sensi dell’articolo 2 della Costituzione, deve intendersi “ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico”, ivi compresa appunto la comunità familiare.
Per la Cassazione circoscrivere quindi l’agevolazione in favore dei familiari della persona disabile al solo momento della scelta iniziale della sede di lavoro, equivarrebbe a tagliare fuori dall’ambito di tutela tutti i casi di sopravvenute esigenze di assistenza sopravvenute in un momento successivo, compromettendo i beni fondamentali tutelati dalla costituzione e richiamati da numerose pronunce della Consulta (Corte Cost. n. 350 del 2003; n. 158 del 2007; n. 138 del 2010; n. 213 del 2016).
(INPS circolare n. 36 del 5 marzo 2019)
L’INPS ha emanato la circolare n. 36 del 5 marzo 2019, con la quale fornisce le indicazioni per l’applicazione della disciplina del nuovo istituto del riscatto di periodi non coperti da contribuzione e del diverso criterio di calcolo dell’onere di riscatto dei periodi di studio universitari, nel caso di domanda presentata fino al compimento del quarantacinquesimo anno di età.
Il riscatto di periodi non coperti da contribuzione, introdotto dal decreto legge 4/2019, può essere effettuato sperimentalmente fino al 2021:
L’INPS ha chiarito che il primo e l’ultimo contributo possono anche essere stati versati in gestioni INPS diverse, lasciando all’assicurato la scelta di collocare il riscatto in una o nell’altra. Possono essere valorizzati al massimo cinque anni, collocati non oltre il 29 gennaio scorso, data di entrata in vigore del decreto legge 4/2019 e ricadenti in periodi senza obbligo contributivo.
Infatti l’INPS ricorda che non è possibile riscattare periodi dove sussista un mancato versamento che sarà sanabile per i lavoratori dipendenti e altre categorie con regolarizzazioni contributive o attraverso la costituzione di rendita vitalizia nel caso di periodi prescritti.
Ai sensi dall’articolo 20, comma 4, del decreto legge 4/2019, anche i datori di lavoro del settore privato possono sostenere la spesa del riscatto attraverso la destinazione dei premi di produzione. La circolare, infine, riporta la possibilità di rateizzare l’onere in un massimo di 60 rate mensili, anche se gli emendamenti approvati al Senato hanno innalzato il piano rateale fino a 10 anni.
(INPS circolare n. 45 del 22/03/2019)
Con la circolare n. 45 del 22/03/2019 vengono fornite indicazioni relative alle nuove modalità di presentazione della domanda di assegno per il nucleo familiare per i lavoratori dipendenti di aziende attive del settore privato non agricolo.
La circolare in commento stabilisce che, a decorrere dal 1° aprile 2019, le domande, finora presentate dal lavoratore interessato al proprio datore di lavoro utilizzando il modello “ANF/DIP” (SR16), dovranno essere inoltrate esclusivamente all’INPS in via telematica al fine di garantire all’utenza il corretto calcolo dell’importo spettante e assicurare una maggiore aderenza alla normativa vigente in materia di protezione dei dati personali.
Da ciò ne consegue che le domande presentate in via telematica all’INPS, a decorrere dal 1° aprile 2019, saranno istruite dall’INPS per la definizione del diritto e della misura della prestazione familiare richiesta. Nell’ambito di tale istruttoria saranno individuati gli importi giornalieri e mensili teoricamente spettanti in riferimento alla tipologia del nucleo familiare e del reddito conseguito negli anni precedenti.
L’esito della domanda sarà reso disponibile all’utente nella sua ‘area riservata alla specifica sezione “Consultazione domanda”.
In caso di variazione nella composizione del nucleo familiare, o nel caso in cui si modifichino le condizioni che danno titolo all’aumento dei livelli di reddito familiare, il lavoratore interessato deve presentare, esclusivamente in modalità telematica, una domanda di variazione per il periodo di interesse, avvalendosi della procedura “ANFDIP”.
Espresse comunicazioni al cittadino saranno inviati esclusivamente in caso di provvedimenti di reiezione.
Per quanto concerne la gestione delle domande presentate in modalità telematica all’INPS a decorrere dal 1° aprile 2019, gli importi calcolati dall’Istituto saranno messi a disposizione del datore di lavoro, che potrà prenderne visione attraverso una specifica utility, disponibile dal 1° aprile 2019, presente nel Cassetto previdenziale aziendale, con specifica indicazione del codice fiscale del lavoratore ed eventualmente di quello del richiedente, qualora i due soggetti non coincidano (ad esempio nel caso di madre separata senza posizione tutelata, che chiede la prestazione sulla posizione lavorativa dell’altro genitore).
Sulla base degli importi teoricamente spettanti, così come individuati dall’Istituto, il datore di lavoro dovrà calcolare l’importo effettivamente spettante al richiedente, in relazione alla tipologia di contratto sottoscritto e alla presenza o assenza del lavoratore nel periodo di riferimento. La somma corrisposta mensilmente non potrà comunque eccedere quella mensile indicata dall’Istituto. Il datore di lavoro erogherà gli importi per la prestazione familiare con le consuete modalità, unitamente alla retribuzione mensile, e provvederà al relativo conguaglio con le denunce mensili.
Per quanto riguarda il periodo compreso fra il 1° aprile 2019 e il 30 giugno 2019, i datori di lavoro potranno erogare le prestazioni di assegno per il nucleo familiare, e procedere al relativo conguaglio, sulla base sia di domande cartacee presentate dal lavoratore al datore di lavoro entro e non oltre il 31 marzo 2019, sia di domande telematiche presentate all’INPS dal 1° aprile 2019. Per gli assegni per il nucleo familiare presentati in modalità cartacea direttamente al datore di lavoro fino alla data del 31 marzo 2019, il datore di lavoro dovrà, secondo le modalità sinora utilizzate, calcolare l’importo dovuto sulla base delle dichiarazioni presenti nell’istanza, liquidare gli assegni ed effettuare il relativo conguaglio al più tardi in occasione della denuncia Uniemens relativa al mese di giugno 2019.
L’INPS infine precisa che con successivi messaggi saranno illustrate le modalità operative di compilazione del flusso Uniemens nei casi di conguaglio di assegni per il nucleo familiare arretrati e le caratteristiche dell’utility, nonché fornite le istruzioni per la gestione, da parte delle Strutture territoriali dell’Istituto, delle istanze presentate in via telematica.
(Ispettorato Nazionale del Lavoro nota n. 2594 del 14 marzo 2019)
L’Ispettorato Nazionale per il Lavoro ha ritenuto utile chiarire il perimetro applicativo relativo alle sanzioni soggette alle maggiorazioni introdotte dalla Legge 30.12.2018, n. 145, avente ad oggetto il “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021” al fine di semplificare l’attività di tutti agli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria che accertano le violazioni in materia di lavoro e legislazione sociale.
Con l’occasione, l’Ispettorato Nazionale per il Lavoro ha ripetuto che gli illeciti rilevanti ai fini della “recidiva” sono quelli commessi dal “trasgressore” persona fisica, così come individuato dall’art. 8-bis Legge n. 689/1981, che agisce per conto della persona giuridica ad esempio, come legale rappresentante dell’impresa o persona delegata all’esercizio di tali poteri. Da ciò ne consegue che non si potrà configurare la “recidiva” laddove le sanzioni, pur riferibili indirettamente alla medesima persona giuridica, siano commesse da trasgressori diversi ovvero le violazioni siano commesse dalla medesima persona fisica ma per conto di persone giuridiche diverse.
Per quanto concerne la recidiva in relazione agli illeciti in materia di sicurezza sul lavoro, poiché il Decreto Legislativo n. 81/2008 disciplina specificatamente la nozione di “datore di lavoro” inteso come “preposto”, essa troverà applicazione solo qualora la persona fisica che ha commesso l’illecito rivesta e abbia rivestito predetta qualifica.
L’Ispettorato Nazionale per il Lavoro ha altresì precisato che, che gli illeciti da prendere in considerazione ai fini della “recidiva” sono anche quelli commessi prima dell’entrata in vigore della legge di bilancio.
Infine in ottemperanza ai principi generali di ragionevolezza, di certezza del diritto e di rilevanza temporale delle condotte antigiuridiche, ai fini della “recidiva”, rilevano gli illeciti divenuti definitivi, a seguito di ordinanza ingiunzione non impugnata ovvero sentenza definitiva, nei tre anni precedenti rispetto alla commissione del nuovo illecito. Predetto arco temporale deve essere inteso sia quale periodo in cui l’illecito è stato commesso sia quale periodo in cui lo stesso è stato definitivamente accertato nei termini indicati.
(Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali decreti interministeriali)
(Legge di Bilancio 2019)
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha annunciato in data 27 febbraio 2019 sul proprio portale web internet la firma del Decreto Interministeriale – non ancora pubblicato ufficialmente – che dispone la riduzione in media del 32% delle tariffe INAIL sulla base di quanto previsto in sede di ultima Legge di Bilancio 2019 (art. 1, commi 1121-1125).
Più nello specifico, la revisione delle tariffe dei premi, in vigore dallo scorso primo gennaio come stabilito dalla Legge di Bilancio 2019, ha riguardato l’aggiornamento del nomenclatore, il ricalcolo dei tassi medi e il meccanismo di oscillazione del tasso per andamento infortunistico.
In particolare:
I singoli tassi di premio, il cui nuovo valore è stato determinato in relazione alla specifica rischiosità in termini di oneri assicurativi sostenuti per garantire la tutela agli infortunati della relativa lavorazione, non superano mai quelli previsti dalla Tariffa 2000, mentre in alcuni casi risultano inferiori anche di oltre il 50% rispetto a quest’ultima.
I nuovi tassi, inoltre, anche per le lavorazioni più rischiose sono stati mantenuti entro il 110 per mille, rispetto al 130 per mille della Tariffa 2000.
Peraltro, restano confermati gli interventi a sostegno della prevenzione. È stata confermata la riduzione del premio per gli interventi di prevenzione, volti al miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza in ambito aziendale; come confermato risulta anche l’impegno per il sostegno dei progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, previsti dal Decreto Legislativo n. 81/2008, in linea con le risorse mediamente erogate nell’ultimo quinquennio.
Da ultimo, si segnala il generale miglioramento delle prestazioni. Oltre alla riduzione del costo del lavoro, la revisione delle tariffe ha consentito di introdurre significative novità sul fronte delle prestazioni, con un complessivo miglioramento del livello delle tutele economiche previste per gli infortunati ed a malati, quantificabili economicamente in circa 110 milioni di euro annui.