La Corte di Giustizia Europea (Sentenza del 14 maggio 2019, causa C-55/2018) si è pronunciata di recente in merito all’obbligo per tutti i datori di lavoro operanti negli Stati membri di registrare gli orari di lavoro e gli straordinari dei dipendenti. In particolare è stata sottolineata la necessità di adempiere a tale obbligo in modo che la registrazione sia “affidabile ed accessibile”. La nuova disciplina coinvolge sia il settore pubblico che quello privato, ad eccezione di alcune specifiche categorie quali manager e dirigenti di alto livello.
Secondo la definizione del D.Lgs. n. 66/2003, per orario di lavoro s’intende non solo il periodo durante il quale il lavoratore si trova nella sede lavorativa, ma anche quando è a disposizione del datore di lavoro nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni.
Le regole sull’orario di lavoro in Italia
La disciplina dell’orario di lavoro in Italia è assai precisa, anche se non vi è un obbligo di registrazione degli orari di lavoro dei dipendenti; per questo motivo, anche il nostro Paese dovrà adeguarsi alla disciplina europea.
Le norme che regolano gli orari e i turni di lavoro in Italia possono essere così riassunte:
Per quanto riguarda il lavoro notturno, il regolamento è altrettanto netto:
È opportuno rilevare che per i dirigenti non è obbligatorio attenersi a queste norme se non sussistono accordi in tal senso. La vigilanza sul rispetto della normativa è demandata al datore di lavoro.
Il monitoraggio degli orari di lavoro come strumento per il rispetto dei diritti dei dipendenti
Secondo la Corte Europea, il rispetto dei diritti dei dipendenti non può attuarsi in mancanza di un affidabile sistema di misurazione dell’orario di lavoro. Di conseguenza gli Stati membri che ancora non prevedono nella propria legislazione l’obbligatorietà dell’adozione di uno strumento idoneo alla registrazione degli orari di lavoro, non sono automaticamente in grado di tutelare i diritti dei dipendenti.
Per questa ragione la Corte Europea si è pronunciata affinché gli Stati membri obblighino le aziende non ancora in regola all’adozione di sistemi di registrazione delle ore di lavoro effettivamente svolte, allo scopo di determinare la presenza di straordinari e di verificare il puntuale rispetto dei riposi. Nell’emanare la Sentenza, la Corte di Giustizia Europea ha sottolineato, pur non entrando nel merito, come gli strumenti da adottare per la registrazione degli orari di lavoro dei dipendenti debbano essere “oggettivi, accessibili e affidabili”.
In attesa che gli Stati membri disciplinino in modo puntuale la materia, i consulenti del lavoro e i player che si occupano di amministrazione del personale devono diventare promotori del cambiamento, traducendo in concreto le nuove regole pur in assenza di chiare linee guida. La scelta vincente è quella di giocare d’anticipo, perché rincorrere la compliance porta a sposare soluzioni insoddisfacenti e costose.
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